"In terra di Ruanda, sentendoci fratelli di tutti gli uomini della terra"

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<![CDATA[Si chiamano Nicola e Anna, sono stati con la delegazione messinese in terra di Ruanda. E sono tornati da questo viaggio colmi di emozioni e riflessioni. Ecco come hanno raccontato, con parole chiare e intense, il senso profondo di questa esperienza.
“Agli inizi di luglio il nostro programma per l’estate era ben diverso da quello che il Signore aveva pensato per noi. Stavamo progettando infatti di trascorrere alcuni giorni di relax al mare quando, durante una telefonata con Padre Tanino Tripodo, siamo venuti a conoscenza del suo prossimo viaggio nella terra del Ruanda insieme a Padre Nino Caminiti e ad un gruppo di ragazzi della sua parrocchia di Camaro S. Luigi. Nacque in noi spontanea la domanda: “Possiamo venire con voi?”. “Certamente” ci ha risposto il direttore della Caritas che, come ci ha confessato dopo, conoscendo le nostre paure, non credeva minimamente che quella domanda avrebbe avuto un seguito. Questa volta è proprio il caso di dire che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri e che questo viaggio non programmato si era fatto strada in noi come una vera e propria chiamata. Ci siamo dunque premurati di avere le ferie dal lavoro e, prenotato il volo, ci siamo attivati per le pratiche del passaporto, il vaccino e quant’altro ci sarebbe servito per la partenza.
“E’ inutile nascondere che nei giorni a seguire è sopraggiunta in noi un po’ di paura pensando al lungo viaggio, al caldo dell’ Africa, alle zanzare, alle malattie che in questi luoghi si possono contrarre, insomma quanto bastava per scoraggiarci. Nel tempo abbiamo sperimentato che davanti alle novità da vivere siamo chiamati a vincere le paure fidandoci della Provvidenza e anche questa volta, avendolo fatto, abbiamo vissuto una esperienza umana e di fede profonda e toccante.
“Così il 24 luglio alle ore 8,00 ci siamo ritrovati nella parrocchia di Camaro S. Luigi a celebrare la Santa Messa con i nostri compagni di viaggio e, subito dopo, a bordo di due pulmini, siamo partiti diretti a Fiumicino. Dopo 7 ore di volo siamo giunti all’aeroporto di Addis Ababa e, preso un secondo aereo, giovedì 25 abbiamo fatto scalo all’aeroporto di Kigali dove c’erano ad accoglierci P. Anaclet, direttore della Caritas di Kigali, e P. Jean Bosco, direttore del Seminario Minore “S. Vincent/Nolera”. Mentre P. Nino con i ragazzi sono stati ospitati inizialmente al seminario minore e successivamente nella parrocchia di San Taddeo in Munyana, noi con P. Tanino ci siamo diretti a St. Paul, un centro di Pastorale dove ha sede la Caritas di Kigali, e qui abbiamo alloggiato nel periodo della nostra permanenza a Kigali.
“Guidati da P. Anaclet nei giorni a seguire abbiamo avuto modo di incontrare Mons. Thaddée Ntihinyurwa che dal 1996 guida l’Arcidiocesi di Kigali che si compone di 27 parrocchie suddivise, a loro volta, in centrali e succursali, e abbiamo visitato le varie opere e strutture gestite dalla Caritas: i centri che accolgono i bambini e ragazzi di strada dando loro la possibilità di lavarsi, mangiare, giocare e studiare; il centro di Formazione Professionale di Butamwa dove i ragazzi poveri vengono accolti per diversi mesi dell’anno e imparano una professione che possa aiutarli ad inserirsi nel mondo del lavoro.
“Ci siamo anche spinti nella parte sud-est del Ruanda, sul lago di Rweni. Qui sta per essere aperto un nuovo centro professionale con lo scopo di formare i ragazzi di strada e allo stesso tempo cercare di allontanarli dai pericoli della città di Kigali, droga e prostituzione.
La Caritas di Kigali è attiva anche nel settore sanitario. Noi abbiamo visitato il Centro Ortopedico per bambini di Ri Lima, l’unico centro dove vengono portati i bambini del Ruanda e sottoposti ad interventi chirurgici e alla conseguente riabilitazione. Ci hanno molto colpito questi bambini, anche molto piccoli, che lasciati dalle mamme in questo ospedale, affrontano da soli gli interventi e la degenza riabilitativa per essere ripresi dalle mamme dopo mesi.
“Il centro di Kigali si presenta come una città in via di sviluppo con palazzi, banche, strade asfaltate, aiuole ben curate, centri commerciali di cui si serve una ristretta cerchia di ricchi mentre il resto della popolazione può disporre di uno stipendio che non supera i 100 euro al mese (questi gli stipendi statali). Ma basta allontanarsi un poco dal centro per toccare la vera povertà del popolo ruandese. Infatti, inoltrandosi nei vari villaggi di campagna, ci siamo trovati davanti ad una immensa popolazione che vive in piccole casette di mattoni impastati con le proprie mani anche dai bambini e messi uno sull’altro con tanta fatica. Ci ha colpito la grande operosità di questa popolazione che ogni giorno percorre chilometri a piedi, a volte anche senza scarpe, per riempire i bidoni di acqua e raggiungere le campagne che coltivano senza disporre di alcun strumento che faciliti il lavoro se non una semplice zappa e che irrigano appunto con l’acqua da loro stessi trasportata. Che grande insegnamento per noi vedere come tutti i membri di una famiglia, compresi donne e bambini, collaborano mossi da un unico intento: lavorare per sopravvivere.
“Spiccato è in loro anche il senso del bene collettivo, il rispetto dei luoghi in comune. Ogni ultimo sabato del mese ognuno di loro sospende il proprio lavoro, la circolazione stradale viene chiusa e tutti insieme prestano la propria opera per pulire le strade, curare le aiuole, rendere i percorsi agevoli dove non c’è l’asfalto. Un’occasione che, certamente, diventa motivo per ritrovarsi insieme, per costruire relazioni forti e pacifiche.
“Il nostro pensiero davanti a questo scenario non poteva non volare alla nostra città di Messina, ai nostri villaggi poco curati, non valorizzati. Eravamo davanti a tanta povertà materiale dalla quale emerge una grande ricchezza di valori che non esistono nella nostra cultura o che nel tempo abbiamo perso. Sapevamo che la nostra meta era un paese tristemente famoso per il genocidio del 1994 che ha segnato per sempre la storia del Ruanda facendo più di 900.000 morti in poco meno di tre mesi. Aver percorso i luoghi dove oggi è sepolta tutta questa gente è stato molto impressionante. Abbiamo toccato con mano ciò che 19 anni fa abbiamo appreso dai mass-media, facendo fatica a credere che l’appartenenza a etnie diverse abbia potuto scatenare un odio insensato tale da provocare un simile massacro di uomini, donne e bambini.
“Padre Anaclet, che è stata la nostra guida, è un testimone di quella tragedia. Ci ha condotti nella sua parrocchia di origine, la parrocchia di Nyamata, oggi uno dei tanti memoriali del genocidio del 1994. Qui, in poche ore, sono state trucidate quasi 5.000 persone che avevano trovato rifugio in chiesa pensando che nella chiesa di Dio gli assassini non sarebbero mai entrati. Quanta sofferenza nelle sue parole mentre ci ricordava la sua gente, i suoi parrocchiani che ha confessato prima che incontrassero la morte, tutta la sua famiglia è stata distrutta ed ora riposa in quel luogo, solo lui e una sorella sono riusciti a salvarsi rimanendo nascosti per quasi tre mesi senza vedere la luce del sole.
“Una sofferenza che il popolo ruandese porta nel cuore con tanta dignità e che ci ha coinvolto impegnandoci a far sì che non venga dimenticata.
“L’ Arcidiocesi di Messina dal 1996 sta camminando a fianco della Chiesa Ruandese attraverso un percorso di aiuti e collaborazione e diversi sono stati gli interventi economici di sostegno a favore dei vari centri di formazione professionale, degli orfanotrofi che si sono realizzati attraverso le adozioni a distanza, i gemellaggi tra le parrocchie della nostra diocesi e quelle di Kigali. Un’ultima opera realizzata dalla Caritas di Messina nella Quaresima di fraternità del 2012 ha permesso che venissero distribuite ai catechisti dell’Arcidiocesi di Kigali circa 5.000 bibbie stampate in lingua ruandese. Noi abbiamo avuto l’opportunità anche di visitare un centro di pastorale (Kinini Village) dove abbiamo incontrato i catechisti di una succursale della parrocchia di Rulindo. Con loro abbiamo vissuto un incontro ricchissimo di emozioni. Si coglieva la loro gioia e la loro riconoscenza per avere ricevuto la Bibbia che, come ci hanno testimoniato, ha permesso loro di poter evangelizzare, di poter leggere la Parola di Dio e fare esperienza di preghiera nelle loro famiglie.
“A conclusione del nostro viaggio in Africa non poteva mancare nel nostro itinerario la visita al Santuario “Nostra Signora dei Dolori” di Kibeho. Qui la Madonna dal 28 novembre 1981 al 28 novembre 1989 è apparsa a tre ragazze del luogo presentandosi come Madre del Verbo per invitarle a pregare per la salvezza del mondo. Le apparizioni della Vergine a Kibeho sono le prime che si sono verificate in terra africana e sulle quali la Chiesa nel 2003 ha espresso il suo riconoscimento, giudicandole autentiche, al termine di un lungo e rigoroso processo canonico. Kibeho si trova nella parte sud del Ruanda e dista da Kigali quasi cinque ore di viaggio. E’ stata una esperienza profonda aver potuto celebrare la Santa Messa nel luogo dove la Madonna appariva alle veggenti, allora dormitorio di queste alunne del collegio di Kibeho tenuto dalle suore Benebikira. Una grande grazia poter stare ai piedi della Madonna in questo luogo di silenzio, non ancora contaminato, dove si respira solo un clima di santità e di benedizione. Abbiamo sentito per noi le parole che la Vergine ha rivolto alla veggente Alphonsine nella sua ultima apparizione: ‘Considero il fatto che vi siete preoccupati di fare lunghi viaggi venendo da me. Allora in questo breve momento che vi accordo, ditemi tutti i vostri desideri. Io vi amo e sono venuta per voi, perché vedevo che avevate bisogno di qualcosa’.
“Certamente la Vergine Maria che sapeva bene di cosa i nostri cuori avevano di bisogno ci ha guidati in questa terra africana dove, da subito, non ci siamo sentiti stranieri ma figli e fratelli del popolo ruandese. Non è certamente opera dell’uomo riuscire ad uscire da quella prigione che ci limita all’affetto solo per le persone a noi vicine e ci tiene attaccati ai nostri desideri, è certamente frutto dello Spirito ritrovarsi con un cuore capace di provare compassione e affetto fraterno per tutti gli uomini della terra”.
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