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Si è svolta il 5 luglio a Roma la presentazione del 25° Rapporto Immigrazione realizzato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, “La cultura dell’incontro”.
In un quarto di secolo di vita, il Rapporto Immigrazione di Caritas e Migrantes ha raccolto studi puntuali sul tema migratorio, partendo dai dati ufficiali e affiancando, negli ultimi anni, la metodologia prettamente statistica a quella qualitativa, dando spazioalla voce dei territori diocesani e regionali. L’analisi delle varie edizioni di questostrumento culturale porta sicuramente sia a ripercorrere la storia dell’immigrazionesia a capire l’evoluzione del Paese di fronte alla sfida data dall’arrivo di persone di altre culture e a dare un volto e una voce ai tanti incontri realizzati quotidianamente.
Proprio guardando a questi volti e ascoltando queste voci, tra sofferenza e condivisione, sfruttamento e tutela, che è stato costruito il XXV Rapporto Caritas e Migrantes.
Non bisogna dimenticare gli oltre 5 milioni di persone di cittadinanza non italiana che strutturalmente vivono in Italia, da più o meno anni, mentre si affronta il recente fenomeno dei richiedenti asilo e rifugiati, sicuramente cresciuto a livello numerico in questo momento e con maggiore urgenza di risoluzione in un quadro di mobilità europea e nazionale. L’Italia è molto di più di questa recente storia di migranti forzati e bisogna darne atto per rispetto della verità e dell’impegno di tante strutture che oggi come in passato, dedicano professionalità e responsabilità al dialogo costante e arricchente con la diversità, sensibilizzando la società civile e creando continui e fruttuosi ponti di scambio.
A questi luoghi di incontro è dedicato quest’anno il presente volume: luoghi in cui viene a manifestarsi, non senza vecchie e nuove difficoltà o sopite e nuovamente accese polemiche, il contatto tra italiani e immigrati, un noi e un voi che vorremmo finalmente fosse superato nella certezza di una “società delle culture”.
Lo stesso slogan “cultura dell’incontro” è scelto in una prospettiva che guarda lontano oltre la interculturalità – termine oggi di cui si è fatto più abuso che uso – e finanche oltre il più recente termine di transculturalità, nella certezza che solo ponendo al centro della riflessione l’uomo, non come individuo singolo, ma in dialogo con l’altro, sia possibile creare la società civile del domani, quella che è in grado di “integrare, dialogare e generare” – riprendendo le parole illuminanti di Papa Francesco – ovvero di essere dinamica nella promozione di un’accoglienza non solo geografica ma soprattutto culturale nell’assoluta certezza che “il tutto è più delle parti, e anche della loro semplice somma”.
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