Con il DPCM del 9 Marzo 2020 la nostra vita ha sicuramente avuto (e subìto) un cambiamento, così è avvenuto anche per il servizio dell’ascolto che ha dovuto reinventare attività e modalità, proprio come recita l’articolo1 dello Statuto Caritas, “in forme consone ai tempi e ai bisogni”, per essere presenza e supporto per tutte quelle persone che nel corso degli anni abbiamo conosciuto, sostenuto e preso in carico.
Durante tutto questo periodo ciò che è risultato chiaro, sin da subito, è stato l’aumento, considerevole, delle persone ascoltate (sia telefonicamente che in presenza), soprattutto per necessità primarie. La crescita del bisogno è conseguente alla chiusura di tutte le attività che l’emergenza sanitaria ha prodotto.
L’ascolto, anche se utilizzando criteri e sistemi diversi, è stato sempre attivo, non subendo quindi nessun arresto, pure nella primissima fase in cui, il DPCM del 9 Marzo, regolamentava la chiusura di tutto il territorio nazionale.
Anche i centri di ascolto parrocchiali hanno dovuto trovare forme diverse, creative per fronteggiare l’attuale emergenza sanitaria.
Nonostante l’età avanzata della maggior parte dei volontari, i centri di ascolto, con i criteri menzionati, hanno continuato ad essere attivi. Sono stati concretamente dei “presìdi di speranza”. Non hanno fatto mancare il loro contributo, la loro disponibilità, continuando a svolgere il servizio dell’ascolto, avviato soprattutto, telefonicamente.
L’attività più spiccata e pressante è stata la distribuzione di generi di prima necessità, grazie anche al contributo della Caritas Diocesana, attraverso i buoni spesa, e al coinvolgimento della comunità parrocchiale, che con donazioni (economiche o alimentari) ha mostrato spiccata solidarietà. Quello che emerge è l’attenzione all’altro, la conoscenza concreta e coraggiosa delle condizioni di difficoltà e di bisogno esistenti all’interno delle comunità parrocchiale e la volontà di monitorare quelle storie , quelle persone che già in passato si presentavano delicate, fragili. Altresì, è emersa l’attivazione di processi, di sinergie (tra i vari cda) e di reti con il territorio.
I dati raccolti mostrano, dei centri di ascolto, che maneggiano in maniera naturale, il metodo Caritas, “ascoltare, osservare, discernere per animare”, perché l’azione compiuta possa rispondere al bisogno effettivo della persona, della comunità.
Su 26 Centri di Ascolto presenti su tutto il territorio diocesano ben 14 hanno attivato il servizio di ascolto telefonico, di questi 9 si sono attivati nel chiamare, con cadenza settimanale, le persone assistite. In 20 CdA registriamo una stretta collaborazione con il territorio (Enti Pubblici, associazioni, welfare informale), 5 CdA hanno “stretto alleanze” tra loro per rispondere meglio alle esigenze del territorio e 4 hanno prodotto e distribuito mascherine di protezione. Solo in 4 centri di ascolto le attività si sono limitate alla mera distribuzione di viveri, in altri 4 casi i servizi sono stati realizzati solo dal Parroco, 2 CdA hanno completamente interrotto ogni attività. Tante iniziative di carità hanno illuminato il buio della crisi sanitaria.