<![CDATA[Si terrà sabato 9 marzo 2019 alle ore 10.30 presso la sede della Caritas Diocesana (via Emilia 19) la presentazione del Report sui tirocini formativi realizzati nel periodo 2014/2018 all’interno della progettazione sociale della nostra Arcidiocesi. Verrà tratteggiato un bilancio dei risultati raggiunti attraverso le borse lavoro, finanziate dal Fondo 8×1000 della CEI, in relazione alla formazione professionale ed al sostegno economico di persone in stato di bisogno, prese in carico dai nostri CDA ed avviate ad un’esperienza lavorativa negli ultimi 5 anni. Sarà l’occasione inoltre per fare il punto sullo stato di avanzamento del progetto “Lavoro è dignità” che vedrà, nel biennio 2018-2020, la realizzazione di 48 tirocini formativi con borsa lavoro di 500,00 € al mese per sei mesi, che è attualmente in corso e che ha visto il coinvolgimento di decine di Parrocchie nella individuazione delle persone in cerca di lavoro da formare. Così il Direttore della Caritas diocesana, padre Nino Basile, ha commentato il lavoro che sarà presentato sabato nella sua prefazione al Report:
«Vorrei iniziare questa breve presentazione del Report sui progetti con cui la Caritas diocesana ha offerto la possibilità di borse lavoro a circa 40 lavoratori, citando alcune righe di una lettera che Giorgio La Pira scrisse ad Amintore Fanfani il 28 febbraio 1955: «Caro Amintore: tutta la vera politica sta qui: difendere il pane e la casa della più gran parte del popolo italiano. […] Il pane (e quindi il lavoro) è sacro: la casa è sacra: non si tocca impunemente né l’uno né l’altro. Questo non è marxismo: è Vangelo». «Il lavoro è sacro», scriveva La Pira, e occuparsi del lavoro significa quindi prendere sul serio, molto sul serio, il Vangelo. Significa credere, prima di tutto, a quello che Gesù ci ha insegnato e cioè che occorre sempre dare la giusta mercede agli operai «perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento» (Mt. 10,10). Ciò significa soprattutto riconoscere, nella sua totalità, la dignità umana del lavoratore, che prima di essere un lavoratore è un essere umano e che attraverso il lavoro può santificare la sua vita.
Papa Francesco, recentemente intervistato dal noto quotidiano economico, Sole 24ore, compone una piccola ‘enciclica’ su argomenti come finanza, lavoro e impresa. Tra le altre cose afferma che «se la comunità in cui viviamo è la nostra famiglia, diventa più semplice evitare la competizione per abbracciare l’aiuto reciproco. Come succede nelle nostre famiglie di appartenenza, dove la crescita vera, quella che non crea esclusi e scarti, è il risultato di relazioni sostenute dalla tenerezza e dalla misericordia, non dalla smania di successo e dalla esclusione strategica di chi ci vive accanto. La scienza, la tecnica, il progresso tecnologico possono rendere più veloci le azioni, ma il cuore è esclusiva della persona per immettere un supplemento di amore nelle relazioni e nelle istituzioni» (papa Francesco, Intervista al Sole24ore, 7 settembre 2018). Ciò che emerge è che quello che conta più di tutto è la dignità umana. Il lavoro è a servizio dell’uomo e non è vero che l’uomo è a servizio del lavoro.
Quella che abbiamo di fronte è dunque una grande sfida. Che si può affrontare attingendo a piene mani dal grande patrimonio della dottrina sociale della Chiesa cattolica: un magistero sociale che oggi trova un nuovo sviluppo con la Evangelii Gaudium e la Laudato Si’ che forniscono un’attenzione particolare al mondo contemporaneo: un mondo che tende ad autorappresentarsi come forte, sicuro di sé ed invulnerabile ma che, invece, nasconde ferite, debolezze e contraddizioni.
Il magistero sociale della Chiesa cattolica, infatti, mette al centro della sua attenzione, non certo il profitto di un’azienda o il pareggio di bilancio di un ente pubblico, ma l’incalpestabile dignità della persona. Alla sua base c’è una visione antropologica che auspica, quindi, la costruzione di una società in cui la sfera sociale e quella economica non siano in antitesi ma camminino insieme per lo sviluppo di un nuovo umanesimo. Un umanesimo che si prefigga di combattere la povertà, che promuova un rinnovamento morale della società e che produca una civilizzazione dell’economia.
La precarietà lavorativa a cui sono costretti i nostri giovani è una precarietà iniqua che ferisce mortalmente l’anima di questi giovani. In Italia è ormai iniziata una nuova forma di emigrazione. Un’emigrazione di cui si parla poco ma che invece rappresenta un fenomeno estremamente preoccupante. Sono sempre di più i ragazzi che pensano di andarsene via dalle loro città e dal loro Paese. L’emigrazione giovanile, però, non può essere la soluzione. Anzi, rappresenta una resa! Un’autentica disfatta sociale!
Molti ragazzi e ragazze, oggi, non sanno più scorgere il loro futuro. A molti di loro è stata tolta la speranza. E questo non possiamo assolutamente permettercelo. Non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo togliere il futuro alle nuove generazioni. Perché nel futuro c’è la vita del nostro Paese!
Questi richiami al magistero sociale della Chiesa cattolica, qui solo appena tratteggiati, ma che trovano ampio approfondimento tra le pagine del Report, devono trovare una risposta concreta nella vita quotidiana, altrimenti rimangono semplici enunciati teorici. Dare una risposta concreta a queste esigenze, è dunque un compito che interpella la coscienza di ognuno di noi. Interpella le comunità ecclesiali, ed in esse in particolari i parroci, come pastori, a cui è stato affidato il compito di guidare spiritualmente il gregge del popolo, e interpella tutti coloro che svolgono un ruolo di responsabilità negli enti pubblici, nelle imprese, nelle Università e nei luoghi della decisione politica.
Volendo compiere la sua «prevalente funzione pedagogica», la Caritas diocesana ha proposto (e per il futuro sono già in cantiere altre proposte) le borse lavoro soprattutto come opportunità educativa, per fornire all’intera comunità ecclesiale e civile, un modello virtuoso, da riproporre nell’ambito delle comunità parrocchiali, mettendo insieme tutte le forze che è possibile individuare sul proprio territorio, per rispondere al reale bisogno che si cela dietro una richiesta di sostegno. Infatti, come ci ricorda il Papa, «la persona che mantiene se stessa e la sua famiglia con il proprio lavoro sviluppa la sua dignità; il lavoro crea dignità, i sussidi, quando non legati al preciso obiettivo di ridare lavoro e occupazione, creano dipendenza e deresponsabilizzano. Inoltre lavorare ha un alto significato spirituale in quanto è il modo con il quale noi diamo continuità alla creazione rispettandola e prendendocene cura» (Papa Francesco, Intervista al Sole 24ore, 7 settembre 2018).» Padre Nino Basile – Direttore Caritas diocesana ]]>