Racconti, immagini e numeri per fare "fronte comune" contro la tratta

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<![CDATA[Immagini e parole strazianti. Ancora più strazianti perché senza retorica, senza artifici, senza aggettivi. Immagini e parole che raccontano – semplicemente – fatti. E i fatti sono quelli di migliaia di giovani donne, sfruttate, messe in condizione di schiavitù, costrette a prostituirsi. E tra loro, tantissime che sono impazzite, ammalate, morte. Lo sfruttamento sessuale, la perdita di libertà, le difficoltà della fuga… E l’alcolismo,la tossicodipendenza, la vergogna, la lontananza dai propri cari, e spesso, spessissimo, dai propri figli, “l’unico tesoro” della loro vita.
Il convegno sulla tratta in Sicilia organizzato dalla Caritas diocesana di Messina con l’Usmi, Unione Superiore Maggiori di Italia Regione Sicilia e Arcidiocesi di Messina, e con la collaborazione dell’Associazione Comunicazione e Cultura Paoline Onlus, di Ufficio Comunicazioni Sociali Arcidiocesi di Messina, Associazione Penelope, Pina D’Alatri, CISM (Conferenza Italiana Superiori Maggiori), CIIS (Conferenza Italiana Istituti Secolari), Libreria Paoline, Tipolitografia Stampa Open di Messina, ha per titolo: “Conoscere, comprendere, agire. Le Religiose e la Scuola di Messina si interrogano” .
Intervengono, nel corso della mattinata, Padre Gaetano Tripodo, direttore della Caritas Messina, Madre Gabriella Ruggeri, Presidente USMI Regione Sicilia, Fernanda Di Monte, giornalista, Ass. Comunicazione e Cultura Paoline Onlus, Suor Valeria Gandini, Missionaria Comboniana, sportello “AscoltoDonna” Caritas, Palermo. E ancora: Rosalba Stramondino, vice questore aggiunto a Messina, Tiziana Frigione, psicologa, e Concetta Restuccia, Assistente Sociale, entrambe del Progetto Tratta Associazione Penelope.
Immagini, parole e numeri. Dati nudi e crudi. Li dice – anche lui senza aggiungere commenti inutili, sapendo bene che quei numeri parlano da soli – padre Gaetano Tripodo, direttore della Caritas di Messina. Facendo riferimento al rapportod i Caritas-Cnca “Esseri umani come merce”. In 13 anni oltre 65mila persone sono state contattate dai 665 progetti di protezione sociale e 21.378, più o meno una su 3, hanno deciso di entrare in un programma di protezione e assistenza assicurato dalla legge italiana. Altre 3.770 persone, dal 2006 al 2012, hanno beneficiato di 166 progetti in base alla legge sullo sfruttamento sessuale. La prostituzione forzata in strada resta la tipologia di tratta più visibile e conosciuta, ma è intanto aumentato anche il numero di casi identificati di persone trafficate e sfruttate in agricoltura, pastorizia, edilizia, manifatture, lavoro di cura. Chi cade vittima della tratta vuole sfuggire a povertà, discriminazioni, conflitti. Continuano a essere vittime di prostituzione soprattutto le giovani tra i 18 e i 25 anni, più del 50%. Nel 2012 dei 520 permessi rilasciati in Italia come “Soggiorno per protezione sociale”, 440 sono stati concessi per sfruttamento sessuale e solo 80 per quello lavorativo.
E’ una platea colma in ogni fila di poltrone, all’Auditorium Monsignor Fasola, ad accogliere dati e testimonianze. E il silenzio con cui vengono ascoltati diventa – se possibile – ancora più denso quando dal tavolo si parla dei clienti. “La tratta si sviluppa secondo logiche di mercato”, dice suor Valeria Gandini, Missionaria Comboniana, sportello “AscoltoDonna” Caritas, Palermo. “C’è l’incontro tra offerta e domanda. Se non ci fosse la domanda, l’offerta non potrebbe esserci”. E tuttavia questi clienti, queste persone dai 18 ai 70 anni e oltre, appartenenti a ogni ceto sociale, con titoli di studio o ricchezze o posizioni oppure senza niente. Capaci di impazzire anche loro se “la ragazza” a cui vogliono “bene come ad una figlia” incappa in una retata e non si fa vedere per qualche giorno. Capaci di rubare soldi al proprio padre, pur di non rinunciare a quella “offerta”. Capaci di diventare così dipendenti, dall’”offerta”, da smettere di studiare, o di lavorare, o di uscire con gli amici, o di badare a se stessi. “Persone che ci fanno tanta rabbia. Ma anche tanta pena. Come fare a far loro capire che sono anche loro, proprio loro, vittime di un racket, di organizzazioni criminali, e che loro, si, proprio loro, sono anche complici dei criminali che vendono, usano e gettano vite umane come fossero prodotti da supermercato”.
L’Italia è ai primi posti in Europa sotto il profilo delle indagini, della lotta alla criminalità in questo settore complesso in cui il crimine si realizza in Paesi diversi, e contemporaneamente su vittime diverse, da un lato la donna ridotta in schiavitù attraverso coercizioni che vanno dal terrore al ricatto, dalla dipendenza “contratta” attraverso un innamoramento alla privazione dell’identità, e, dall’altro lato, le famiglie della vittima, sottoposte anch’essi a riti e terrorismo psicologico quando non a vere e proprie violenze fisiche. Lo racconta Rosalba Stramondino, vicequestore di Messina. Che aggiunge: “sono strumenti raffinati e articolati quelli che le forze di polizia mettono in campo, per esempio l’attività sotto copertura. Ed è importantissimo il famoso art. 18 della legge sull’immigrazione che consente il permesso per sottrarre queste donne allo sfruttamento. Io stessa mi sono occupata di un caso che è stato particolarmente violento. C’era una giovane donna in fin di vita e il suo sfruttatore l’avrebbe lasciata morire, negandole anche il primo soccorso, se noi non fossimo intervenuti”. Tuttavia, “il futuro anche in Italia – come già, per esempio in Olanda e in Gran Bretagna e come già accade in alcuni casi anche da noi, anche a Messina – è quello di un’azione congiunta, tra volontari, associazionismo, forze di polizia e mondo giudiziario, con l’ausilio importantissimo dei psicologici, perché si riesca al contempo a mettere in salvo le vittime e a condannare, e far rimanere in galera, gli aguzzini”.]]>